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Il segmento testuale Stato fascista è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 175Entità Multimediali , di cui in selezione 40 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Entità Multimediali)


da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 76

Brano: [...] quali la vita è peggiore della morte. Perché allora dovremmo sforzarci di tenerli in vita? » (Da VUnìtà del 13.11.1980).

E. Ni.

Neofascismo

L'analisi del fenomeno neofascista (la sua immediata insorgenza nel dopoguerra e l’ininterrotto svolgersi dal 1945 a oggi) non può prescindere dalla constatazione che alla fine della Seconda guerra mondiale il maggior apparato di potere rimasto pressoché integro in Italia (a parte la Chiesa) era lo Stato fascista, costituito dalla burocrazia della pubblica amministrazione, dagli alti Comandi delle Forze Armate, da magistratura, polizia e carabinieri, sistema fiscale e tributario, sistema scolastico e universitario, industria facente capo aln.’R.I. (v.), sistema creditizio pubblico, istituti previdenziali, ecc.. Tutte queste strutture e forze, rimaste in funzione nei 20 mesi di occupazione tedesca, durante i quali avevano in gran parte colla' borato con gli occupanti, ancorché scosse e screditate vennero assunte nel nuovo Stato « nato dalla Resistenza » con le loro articolazioni centrali e periferiche,[...]

[...]ntenuto concreto ». La conseguenza di tale procedura era che « la Corte Costituzionale, nata per garantire il rispetto della Costituzione da parte di tutte le leggi dello Stato, non avrebbe mai potuto prendere in esame la legislazione fascista ». (Cfr. Leonetto Amadei, Dalla prima sentenza una vittoria per gli ideali dell’antifascismo, in « Il Corriere della Sera» del 23.4.1981).

Solo nel corso degli anni successivi al 1956 e via via che allo Stato fascista veniva sostituendosi l’odierno Stato industriale, questa situazione potè essere parzialmente modificata, ma per certi aspetti anche peggiorata: per esempio, a partire dal 1974, le « Leggi speciali antiterrorismo » hanno notevolmente ristretto l’area di libertà dei cittadini italiani e la loro personalità giuridica nei confronti del potere statale rispetto alla stessa legislazione fascista.

Osservazioni dello stesso tipo si potrebbero fare sul piano più direttamente economico: nonostante l’imponente sviluppo del movimento operaio e delle sue organizzazioni sindacali, gli interventi pubblici[...]

[...]te economico: nonostante l’imponente sviluppo del movimento operaio e delle sue organizzazioni sindacali, gli interventi pubblici a beneficio della grande industria privata che il fascismo aveva iniziato con l’I.R.I. sono continuati nel secondo dopoguerra e si sono sviluppati in molteplici altre forme, beneficando il grande capitale in misura da questi mai raggiunta negli anni del fascismo. In tale campo, più che di semplice « continuità » dello Stato fascista, sarebbe il caso di parlare di un vigoroso sviluppo della politica economica varata durante il regime mussoliniano per favorire, a spese della mano pubblica (cioè dei contribuenti italiani), la grande proprietà industriale privata.

Dallo Stato fascista allo Stato industriale

La commedia dell’epurazione (v.) non introdusse nessun cambiamento di rilievo nell’apparato statale. Ancora nel 1960, su 64 prefetti di prima classe in servizio, 62 erano stati funzionari del ministero degli Interni fascista e, anche se non portavano più la camicia nera, erano quadri selezionati e addestrati secondo i metodi fascisti. Analoga situazione si aveva per gli altri 64 prefetti della Repubblica. Su 241 viceprefetti, tutti indistintamente facevano parte dellamministrazione dello Stato negli anni del fascismo. Su 135 questori, 120 avevano fatto parte della po[...]

[...]zia fascista, mentre

gli altri 15 erano entrati nei ranghi della polizia prima del fascismo e vi erano rimasti per tutto il periodo della dittatura. Su 139 vicequestori, tutti indistintamente erano entrati in servizio durante il fascismo e, tra questi, soltanto 5 risultavano aver in qualche modo contribuito alla Guerra di liberazione collaborando con la Resistenza. Molti di questi funzionari erano stati non solo dei « fedeli servitori » dello Stato fascista ma si erano distinti in ruoli di particolare odiosità, per esempio come direttori delle carceri fasciste e dei campi di deportazione nelle isole. Emblematico il caso del dottor MarceJlo Guida, già direttore della colonia di confino di Ventotene e diventato, negli anni Settanta, addirittura questore di Milano.

La sopravvivenza deH'apparato del

lo Stato fascista era dovuta al fatto che, alla fine della guerra, esso ispirava fiducia alle forze di occupazione alleate. Anche se politicamente screditato, la sua ventennale esperienza nel gestire la società italiana con piglio autoritario lo rendeva strumento idoneo nelle mani dei nuovi padroni statunitensi e il fatto che fosse inviso a gran parte dell’opinione pubblica antifascista costituiva per il governo degli Stati Uniti una garanzia di subordinazione. Fu responsabilità comune ai gruppi dirigenti dei partiti di sinistra accettare questa situazione e non impegnarsi a fondo per modificarla (come si sare[...]

[...]e forma di organizzazione capitalistica della produzione a livello nazionale, ossia come organizzazione di tipo « militare » dello sfruttamento di tutte le risorse umane e materiali del paese. Quella incompleta definizione lasciava spazio all illusione (nella ipotesi migliore) che bastasse trasformare il regime da dittatoriale a costituzionale, per dare avvio a un processo di graduali riforme strutturali. In realtà, accettare la permanenza dello Stato fascista costituiva palese contraddizione della repubblica che si qualificava antifascista e significava rinunciare

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 832

Brano: [...]praffazione da parte dello Stato liberale. Da qui anche la sistematica opposizione del clero e il cosiddetto Non expedit (Non conviene), cioè il divieto imposto dalla Chiesa ai cattolici italiani di prendere parte alle elezioni e alla vita pubblica italiana (sanzionato nel settembre 1874, sarà parzialmente abrogato solo nel 1905). Per risolvere la « questione romana » si doveva arrivare al fascismo e alla Conciliazione del 1929, con la quale lo Stato fascista mirò ad assicurarsi l'alleanza e la solidarietà della Chiesa ufficiale. In effetti, con la Conciliazione (v. Concordato e v. Lateranensi, Patti) fu compiuto in Italia un grave passo indietro rispetto a quanto era stato raggiunto in questo campo dallo Stato liberale: si riconobbero alla Chiesa inammissibili privilegi a spese della libertà di coscienza dei cittadini e cospicui vantaggi economici, pagati dai contribuenti italiani.

D’altra parte la Conciliazione, per la interessata complicità che esprimeva fra le alte gerarchie della Chiesa e la dittatura fascista, sollevò riserve fra gli stes[...]

[...], ad esempio, aveva avuto la benedizione « Urbi et Orbi » impartita dal loggione esterno della Basilica di S. Pietro subito dopo la sua elezione. Gli stessi propositi vennero poi manifestati nell’Enciclica programmatica del suo pontificato, pubblicata il 23.12.1922 (« Ubi arcano »).

Una tale rilevanza aveva nel pensiero del Pontefice, come pure in quello di molti cattolici suoi contemporanei, la convinzione di riuscire a « cattolicizzare » lo Stato fascista « tanto nell’ordine delle idee e delle dottrine quanto nell’ordine della pratica azione » (lettera del 30.5.1929 al cardinale Pietro Gasparri), che don Sturzo, fondatore del Partito Popolare italiano, dal suo esilio di Londra così commenterà questo intendimento: « In quest’illusione dello Stato cattolico c’è in fondo una visione inesatta della storia. Questa non è reversibile: il progresso storico, nonostante le sue involuzioni, va sempre avanti. [...] Lo Stato cristianoconfessionale del secolo XX non potrebbe essere né quello corporativo del Medioevo né quello confessionale della Riforma e d[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 450

Brano: [...]ano svalutate quanto a rappresentatività politica (« non furono che adunate di comandanti e di gregari »).

Scopo evidente del nuovo regolamento della vita interna del P.N.F. era quello di togliere ogni residua base di potere d’influenza ai « ras » locali che avevano dominato il partito negli anni precedenti. Tutti questi provvedimenti miravano a rendere il Partito fascista una disciplinata struttura burocraticoamministrativa al servizio dello Stato fascista, anziché un organismo politicamente autonomo e in grado di influire sugli orientamenti di governo. È significativo, in questo senso, il notevole contributo personale che Turati diede, insieme a Giuseppe Bottai, alla campagna contro Edmondo Rossoni e il sindacato fascista, per lo « sbloccamento » di quest’ultimo, ossia per la perdita di autonomia e potere contrattuale residui di uno dei pochi organismi non ancora del tutto omologati alla funzione burocraticoamministrativa assegnata al P.N.F. e agli altri organismi di massa dello Stato fascista.

Circa i motivi dell’allontanamento di Turati d[...]

[...]ti di governo. È significativo, in questo senso, il notevole contributo personale che Turati diede, insieme a Giuseppe Bottai, alla campagna contro Edmondo Rossoni e il sindacato fascista, per lo « sbloccamento » di quest’ultimo, ossia per la perdita di autonomia e potere contrattuale residui di uno dei pochi organismi non ancora del tutto omologati alla funzione burocraticoamministrativa assegnata al P.N.F. e agli altri organismi di massa dello Stato fascista.

Circa i motivi dell’allontanamento di Turati dalla segreteria del P.N.F. nell’ottobre 1930, oltre ai consueti motivi invocati per giustificare i « cambi della guardja » (v.) all’interno degli organi di"potere fascisti (gelosia di Mussolini verso elementi relativamente autonomi e che si

avviavano a guadagnare una propria statura aH’interno del regime, ecc.), sembra di poter ipotizzare anche la necessità di correggere alcuni eccessi compiuti da Turati nel « normalizzare » il P.N.F..

Di fatto, il successore di Turati, Giovanni Giuriati, fu incaricato da Mussolini di procedere a un’ulte[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 269

Brano: [...]blico »;

d) limite onnipresente per le attività dei cittadini e ragione di rottura del principio di legalità.

In regime fascista

Queste caratteristiche naturalmente si rafforzarono nel clima politico determinatosi con l’avvento del fascismo.

La disciplina generale dei diritti e delle libertà individuali in questo periodo storico costituì il risultato di una singolare fusione tra statalismo e pluralismo sociale:

« L’individuo nello Stato fascista non è annullato, ma piuttosto moltiplicato per il numero dei suoi camerati » (Mussolini). La premessa di tale disciplina era la priorità dello Stato rispetto ai diritti e alle libertà dei cittadini, da questo concessi in funzione dell’interesse sociale, espresso dalla sua volontà.

« La struttura portante era l'inesistenza del conflitto frontale fra Stato ed individuo, postulato dal liberalismo, e la presenza al suo posto di una serie gerarchica e concentrica di sfere giuridiche, che dall'individuo giungeva allo Stato attraverso i gruppi intermedi » (G. Amato).

Secondo i giuristi dell’ep[...]

[...]rità dello Stato furono quindi accettate dalla dottrina tutte le norme che risolvevano il contrasto tra cittadino e Stato in favore di quest’ultimo, depositario della « volontà nazionale interpretata dal fascismo in senso imperiale » (Sermonti). Gli interessi individuali venivano sottoposti ad una forzata trasposizione sul piano associazionistico, sul piano cioè di corporazioni, enti, associazioni che funzionavano da semplici articolazioni dello Stato fascista; il circolo si chiudeva inesorabile!

In tale contesto, le leggi sull’ordine pubblico costituirono le norme di chiusura nel campo dei rapporti Statoindividuo: laddove si profilava un interesse pubblico, le contrapposte libertà politiche dei singoli venivano cancellate.

Questo limite onnipresente fu invocato a fondamento di una numerosa serie di leggi illiberali: dalla Legge sulle associazioni (26.11.1925 n. 2029) alla Legge sulla cittadinanza (31.1.1926 n. 108); dalle norme sulla gerenza dei giornali (R.D.L. 15.7.1923 n. 3288) alla Legge sulla difesa dello Stato (25.11.1926 n. 2008) alla[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 669

Brano: [...]ltà di esse (a cui restarono estranei gli Stati Uniti, la Germania, l’Austria e l’Ungheria) fu che non pochi governi sanzionisti, ditte e privati di ogni e qualunque Stato, continuarono i loro traffici con l’Italia come se nulla fosse.

Ciò non fu certo fatto conoscere dalla stampa fascista, che invece diresse sulla popolazione una ben orchestrata ed efficace propaganda di vittimismo e di persecuzione. Questa procurò alle esauste finanze dello Stato fascista quintali e quintali di oro prontamente offerti dai cittadini. Non solo, ma « le inique sanzioni » fornirono anche a Mussolini motivo per vantarsi di aver saputo resistere alì'assedio di ben

52 nazioni.

Un altro errore (forse non evitabile, perché l’accordo alTinterno della Società dèlie Nazioni, il solo che poteva giustificare un vero dietrofront, non venne mai raggiunto) le potenze occidentali Io commisero negando il riconoscimento dell’impero. Di fronte a questa situazione, il sollecito riconoscimento tedesco non poteva che disporre favorevolmente Mussolini. Tanto più che l’accordo au[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 452

Brano: [...]li dello Stato la direzione della vita politica e civile del paese, « plasmando » l’« uomo nuovo fascista », per usare una delle molte formule demagogiche che non vennero mai meno in tutto l'arco della parabola storica del fascismo; si affermò pienamente invece, all'interno del regime reazionario di massa, un partito che tendeva a organizzare e inquadrare in termini paramilitari la popolazione italiana, a sostegno delle avventure politiche dello Stato fascista.

L’epilogo negli anni della guerra

La lunghissima segreteria di Starace si concluse, non casualmente, dopo lo scoppio delia Seconda guerra mondiale, quando l’organizzazione di parate e la retorica militaresca non bastavano più a celare la reale impreparazione della società civile ad una avventura bellica. Anche la funzione di « parafulmine » assolta da Starace in termini di impopolarità o di aperto disprezzo, che tutti i testimoni ritengono fosse molto gradita a Mussolini, non poteva più giustificare la permanenza al vertici del P.N.F. di un uomo dalle caratteristiche politiche così log[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 451

Brano: Partito nazionale fascista

provincia, veniva significativamente scelto quale segretario di un partito che sembrava aver ormai compiuto la sua parabola nel senso di fedele e disciplinato supporto dello Stato fascista.

Applicando le direttive di Mussolini ma andando oltre le sue volontà, Giuriati procedette a una rettifica delle « anzianità » retrodatate che, con tipico malcostume fascista, erano già state ampiamente introdotte a titolo formalmente onorifico (furono avviati ben 23.334 procedimenti); ma soprattutto epurò drasticamente il partito, ed assai più di quanto avessero fatto i suoi predecessori, giungendo alla cifra di circa 120.000 espulsi, equivalenti a un quinto del totale degli iscritti.

L’« era Starace »

Il 7.12.1931 ebbe inizio la segreteria più lunga nella storia del P.N.F.. A diffe[...]

[...] statali, col suo valore di costrizione pratica tolse quasi del tutto ogni credibilità politica all’adesione al P.N.F.. Si aggiunga che dai nuovi statuti non solo veniva ribadito il rifiuto di ogni elettività nelle cariche, ma si giungeva alla contrazione della vita interna del P.N.F. ad una sola assemblea annuale.

Lo Statuto del 1932 esordiva con la di* chiarazione che « il P.N.F. è una Milizia civile, agli ordini del DUCE, al servizio dello Stato Fascista ».

Lo Statuto del 1938 avrebbe maggiormente enfatizzato il ruolo di Mussolini; veniva

Esibizioni di vigore fisico offerte dai gerarchi, ta il salto del cavallo (Roma, 1939)

infatti preceduto dalla voce « Fascismo » dell’Enciclopedia Treccani (che era parte integrante di esso) e, all 'art. 2, recitava: « Il Duce è il capo del P.N.F.. Impartisce gli ordini per l’azione da svolgere e, quando

10 ritiene necessario, convoca a Gran Rapporto le Gerarchie del P.N.F. ». I compiti del partito erano ridotti alla « difesa e il potenziamento della Rivoluzione fascista » e all’« educazione poli[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 212

Brano: [...]lla Divisione alpina «Tridentina»). Dotato di un fisico eccezionale, egli fu l’unico superstite della sua batteria dopo una ritirata attraverso la steppa a 35 gradi sotto zero. Fu, il suo, l’itinerario intimo comune a tanti giovani che la guerra aveva portato a contatto con altri mondi. In Russia Olivelli imparò a conoscere l'alleato tedesco nella sua follia allucinante e nel suo antisemitismo feroce, a vedere che dietro la pompa imperiale dello Stato fascista non c’era altro che cartapesta e boria, a capire invece che nei paesi nemici dell’Asse c’era una realtà politica e sociale ben più complessa e valida di quanto non avesse detto la nostra ventennale propaganda, a ricuperare il dato « liberaldemocratico » della necessità del confronto e deH’utilità del pluralismo: illuminanti in proposito le sue lettere dalla Russia, dove egli aveva trovato, sì, una gioventù atea, ma anche un’insospettata ricchezza di servizi sociali.

Nella Resistenza

E quando giunse il momento, Olivelli scelse senza indugi la sua trincea: il «littore della razza » divent[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 182

Brano: [...]stanza di ricostituzione della terza provincia sarda con centro a Nuoro era stata portata avanti dai sardisti e in particolare da Mastino. Questa rivendicazione fu recepita dal fascismo al potere per motivi esattamente opposti a quelli che avevano mosso il Partito sardo: nel quadro di una riforma amministrativa mirante a svuotare ogni autonomia, dare ai prefetti maggiori poteri e assicurarsi il miglior controllo anche nelle zone periferiche allo Stato fascista, nel 1927 il regime istituì a Nuoro la terza provincia sarda, ot

tenendo il risultato di raggiungere i propri fini, mentre mostrava di venire incontro alle richieste delle popolazioni locali.

Si può tuttavia affermare che il fascismo, se anche in Sardegna riuscì a penetrare nelle zone urbane e a diffondersi tra il ceto medio, non ebbe presa su pastori e contadini che continuarono a vivere nelle abituali condizioni di arretratezza, sostanzialmente estranei al regime come lo erano sempre stati nei confronti dello Stato unitario e prefascista.

Antifascismo borghese

Durante il periodo[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 672

Brano: [...]ia al Sud. La reazione dei contadini fu a volte rabbiosa. Negli anni della crisi e del fascismo non mancarono nel Sud sanguinose rivolte municipali: a Sulmona, Pratola Peligna, Campodimele, Montenero di Bisaccia, Martina Franca e altrove; ma la reazione dei « cafoni » al fascismo fu quella tradizionale dell'emigrazione e del brigantaggio. Arruolandosi per l'Abissinia o per la Spagna, in sostanza essi seguivano in modo diverso e con l’aiuto dello Stato fascista le antiche strade della evasione dalla loro miseria: non potendo né volendo darsi alla macchia o al crimine (è di quegli anni la cosiddetta repressione della mafia (v.), organizzata dal fascismo col prefetto Mori), essi finivano con l’arruolarsi nella speranza di avere « un posto al sole » a guerra finita.

La miseria del Sud servì dunque al fascismo da « giustificazione » delle sue imprese più odiose e fu una base per la formazione di quell’esercito di ventura su cui cercò di fondare il suo « impero ».

La bonifica e la colonizzazione delle paludi pontine, della piana del Volturno, di pa[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Stato fascista, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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